IN SCENA L’OPERAIO FIAT GIUSEPPE DOZZO | VENERDÌ 16/01 AL TEATRO DI BUDRIO PRIMA NAZIONALE DE “IL DIARIO DI GIUSEPPE DOZZO OPERAIO FIAT 1957-58”

operaioDebutta al Teatro Consorziale di Budrio venerdì 16 gennaio alle ore 21 lo spettacolo “Operaio Off. 24 n. 243688” diretto e interpretato da Simone Toni, spettacolo tratto dal diario di Giuseppe Dozzo, operaio della Fiat iscritto alla Fiom, licenziato con un pretesto il 9 gennaio del 1958.

La storia di Dozzo, quella della sua cacciata dalla Fiat dopo esservi entrato a 15 anni e avere preso parte ai grandi scioperi del 1943-44 prima di salire in montagna con i partigiani, l’aveva raccontata lui stesso in un diario che Emilio Pugno e Sergio Garavini inserirono nel loro libro “Gli anni duri alla Fiat”.

È la storia esemplare di un militante della Fiom, la testimonianza di un operaio che amava i diritti suoi e quelli dei suoi compagni, ma anche il proprio lavoro, un po’ come l’operaio Faussone de La chiave a stella di Primo Levi.

Dozzo scriveva venerdì 16 novembre 1956, alla vigilia del suo trasferimento nel reparto confino dell’Officina 24 di Mirafiori: «Oggi per l’ultima volta le mie mani si sono sporcate di polvere e grasso di quelle matrici e punzoni che tante volte ho spostato, ordinato, amato come oggetti di valore». E ancora: «Ho amato il mio lavoro poiché da solo sono riuscito a riordinare il magazzino come desideravo, suddividendo, spostando il materiale in un modo pratico e semplice».

Simone Toni, regista da sempre attento alle problematiche e alle contraddizioni del mondo contemporaneo sceglie di portare in scena il diario di un operaio degli anni ’50 per scoprire quanto l’eco di quello che era il lavoro negli “anni duri alla Fiat” risuoni con forza ancora oggi. Il diario del Dozzo non è un testo teatrale, si presenta come un elenco-archivio di date e fatti appuntati con meticolosità a cui Simone Toni ha voluto dare voce attraverso un allestimento visionario. A chi parla Dozzo quando scrive? A chi si rivolge? Forse a se stesso o forse a nessuno, eppure le frasi scarne con cui racconta i suoi giorni a noi oggi suonano familiari, simili alle storie di tanti lavoratori del nostro presente di crisi. Giuseppe Dozzo esprime un incredibile amore per il proprio lavoro. Nonostante lo screditamento e le vessazioni subite cerca sempre di avere comportamenti irreprensibili, non tanto per paura delle ritorsioni allora così frequenti, ma per essere un modello positivo per i compagni di lavoro, per dimostrare che il suo impegno è disinteressato, e per difendere la propria dignità. L’operaio Dozzo interpretato da Simone Toni abita una scena non realistica, evocativa, in cui le parole del diario potranno apparire come ricordi oppure vivere nel presente diventando universali.